Dopo la metà del secolo XIX sono state costruite ed entrate in funzione, una dozzina di casere in Ballabio. Casere per la stagionatura di formaggi sistemati in cantina a parecchi metri sotto terra e utilizzo del ghiaccio per la loro conservazione nel periodo estivo.

Perché ci si renda conto dell’ampiezza delle attività di stagionatura si elencano, con buona attendibilità, l’ubicazione delle casere con inizio dall’ingresso del paese (provenienza Lecco) e poi, via via, salendo:
. Via Provinciale 6 (presso l’attuale agenzia immobiliare);
. Via Mazzini 82 (presso l’attuale condominio Casere);
. Via Mazzini 28 (Sede Galbani);
. Via Provinciale 62 (ex Romanin);
. Via Provinciale 74 (una delle più grosse, poi Colonia FF.S.);
. Via Provinciale 49 e 53 (la prima completamente trasformata in condominio; nella seconda vi sono edifici uso abitazione);
. Via Provinciale 88 (già distributore di benzina);
. Via Provinciale 108 (attualmente un capannone; ex casera del Vento);
. Via Provinciale 97 (in Balisio; imponente casera con dimora padronale ora negozio vendita alimentari);
. Via Provinciale 109/111 (in Balisio; grande complesso di diverse casere in parte trasformate ad uso commerciale o abitazione);
. Via Roma 40 e 21 (una dirimpetto all’altra).

Le casere erano per la maggior parte grandi o molto grandi costruzioni, assai robuste (tra un piano e l’altro vi erano putrelle d’acciaio) per sostenere il grosso peso dei formaggi, con due o massimo tre piani emergenti e almeno due sotterranei; la funzione di queste due parti risiedeva nel fatto che la costruzione emergente era utilizzata per la stagionatura nei mesi freddi o stagioni di mezzo; la parte interrata serviva per i mesi caldi, al fine di non creare danni ai formaggi.

Per quest’ultimo preciso scopo si utilizzavano tonnellate (sì!) di ghiaccio che veniva scaricato negli “inferi” delle casere (da apposite finestrelle raso terra) e poi coperto di “pula” o “lolla” (la polvere o scarto del fieno, onde ridurre la possibilità di scioglimento del ghiaccio). Ovviamente i taleggi e più ancora il gorgonzola andavano lavorati e cioè si doveva – a ciclo continuo – girarli e salarli con l’avvertenza che il gorgonzola, formaggio ben più qualificato, esigeva anche la perforazione (operazione delicata) con grosso ago di rame onde consentire il formarsi del caratteristico “verde” (che altro non è che una muffa penicillinea).

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